Sono convinto che da bambini la sostanziale differenza tra il buio e la luce si percepisca maggiormente. È soprattutto l’impatto emotivo a essere diverso rispetto a quando si cresce. Mi ricordo quand’ero bambino di alcune sere in inverno. Quelle sere in cui il buio arriva presto e alle sei, sei e mezza pareva già notte fonda. In quei momenti a volte succedeva che mi sentivo triste e forse anche un po’ impaurito. Con quel buio sembrava che la giornata fosse già volta al termine. Mi ricordo che il mio sguardo si soffermava sulla finestra di casa mia e quello che vedevo fuori poteva benissimo essere definito come il riflesso di quello che sentivo dentro: alberi spogli, buio e silenzio.
Quel silenzio tipico delle giornate invernali in cui non è presente nemmeno il canto degli uccellini.
Proprio in quei momenti fantasticavo su quanto mi mancasse l’estate e la malinconia non faceva altro che aumentare. Sentivo l’estate lontana e irraggiungibile come se l’inverno dovesse durare per sempre. A stento reprimevo quell’improvvisa voglia di piangere che si faceva strada dal profondo, quasi dalla pancia per poi arrampicarsi un po più su e diventare quel famoso nodo alla gola. Probabilmente quella tristezza che al di là di chi potesse consolarmi a casa era comunque presente, derivava da diverse cose. Anche dal fatto che da lì a poche ore sarebbe arrivato il momento di andare a letto, e non sempre l’andare a dormire per i bambini è visto in maniera positiva. È un’età in cui lo stare fermi per forza è percepito più come una penitenza che come un occasione di riposo; e in più a volte dormendo si poteva incappare in certi brutti incubi che da bambini hanno tutto un altro peso. Durante quelle notti inquiete in cui non si riesce a prendere sonno, penso che solo un bambino possa capire fino in fondo quanto possa mancare la luce del giorno.
È una cosa semplice la luce del sole, ma forse è proprio nella sua semplicità che si nasconde la sua ineguagliabile bellezza.
Ad esempio sotto il sole puoi anche chiudere gli occhi e provare a separarti da lei, ma ancora la vedi: la luce. Una luminosità che ti abbraccia e non ti molla. In un istante tutte le paure e i pensieri negativi che opprimevano la tua mente la sera prima, venivano spazzati via e tornava quel coraggio che di notte non sapevi proprio dove fosse finito.
Con gli occhi chiusi il nostro campo visivo irradiato di luce sembra quasi non avere limiti di spazio.
Forse è proprio in quel breve istante che si può avere un piccolo assaggio di infinito, di illimitato. E pensi che bisognerebbe sentirsi così sempre.
Nel buio invece è diverso. O meglio tu stesso reagisci in maniera diversa rispetto al buio. Perché ad esempio la tua camera con o senza luce non cambia. È sempre la stessa. Le cose al suo interno sono riposte nella medesima maniera, però senza luce non le vedi. Dovresti saperlo che attorno a te non c’è nessuno, non ci può essere nessuno, solo cose; eppure non ne sei completamente certo e questa incertezza, questo dubbio ti inquieta. In questo non sapere c’è molto di più di quello che sembra. Un fardello che ci portiamo appresso da un bel po’, ma a cui allo stesso tempo dobbiamo molto: la paura dell’ignoto, di quello che non si conosce. La paura di ciò su cui non abbiamo certezza. E non la vorremmo questa sensazione perché proprio non ci piace. Però ci serve. Ci rende più vigili e ci aiuta a prepararci a qualcosa che potrebbe essere arduo.
Capita da adulti di sentirsi ancora come quel bambino. Un bambino che desidera ardentemente la luce, però è anche costretto a far trascorrere la fredda notte prima di vederla. E in quella fredda notte quei mostri che da bambino riuscivano a tenerti sveglio ci sono ancora. Non sono però nello scantinato a fare quel rumore che si sente solo a luci spente, ma sono nascosti tra i neuroni a mettere un po’ di confusione. Ecco perché, per rimettere in ordine, voglio che anche voi siate testimoni di questo incontro. Un incontro in grado di trascendere il tempo, in cui un Mattia adulto e un impaurito Mattia bambino si trovano uno di fronte all’altro. Il Mattia adulto abbraccia quello bambino, lo stringe a sé e per dargli il suo appoggio gli dice poche semplici parole:
“Prendi coraggio perché adesso andiamo a fare paura al buio. Andiamo insieme a vedere cosa c’è oltre quegli alberi spogli, dove ancora non hai visto. Senza preoccuparci troppo perché la cosa bella è che se credi in lei la luce arriva. Arriva sempre. Puntuale come ogni giorno”.
Mattia Mutti