Cadere è rialzarsi


“Mattia è caduto.”

Quante volte ho sentito questa frase nel corso della mia infanzia. Alcune volte capitava a scuola, altre volte a casa. Le mie gambe stavano perdendo forza e poteva capitare che senza preavviso cedessero. Se era presente qualcuno con me immediatamente accorreva ad aiutarmi e mi chiedeva se mi fossi fatto male. La mia risposta nella maggioranza dei casi era sempre quella: non mi sono fatto niente. E in parte corrispondeva a verità. Perché in rapporto a tutte le volte che è successo, molto spesso ero graziato e non mi sono mai fatto veramente male. Ma se il dolore fisico era comunque gestibile, quell’altro dolore era sicuramente maggiore perché colpiva direttamente l’anima. E poi c’era quello sguardo che alle volte pesava come un macigno. Lo sguardo di chi mi conosceva, di chi sapeva perché ogni tanto le mie gambe non mi tenevano in piedi. Era colmo di tristezza e apprensione. E di certo non possono essere biasimati perché chiunque avrebbe reagito in quel modo. Però fu in quei momenti che promisi a me stesso che non avrei aggiunto anche la mia di tristezza a quella che già provavano gli altri guardandomi. Ero convinto che in questo modo sarebbe diventata più affrontabile, ma solamente con il senno di poi realizzai che in realtà tutte quelle emozioni trattenute e celate dentro di me dovevano venire fuori per poter essere veramente affrontate.
Non sempre però con me c’era qualcuno. Mi ricordo di un episodio in cui a casa a soccorrermi venne la cagnolina che avevamo all’epoca. Non poteva esserci tristezza nei suoi occhi, semplicemente si avvicinava a me e mi leccava le gambe come se sapesse che erano quelle a non funzionare come dovevano. E poi si stendeva accanto a me quasi mi volesse dire: non posso fare nulla per aiutarti, ma posso aspettare con te che ti torni la voglia di rialzarti.
Non si può infatti smettere di alzarsi perché si ha paura di cadere ancora. E così dopo qualche minuto passato a terra, dopo aver battuto per rabbia i pugni sul pavimento non mi restava altro da fare che asciugarmi le lacrime e a fatica alzarmi. Ancora una volta.
La vita a volte utilizza dei modi tutti suoi per risolvere certe situazioni. Di certo smisi di cadere perché arrivò la carrozzina a tenermi su. Ma da quel cambiamento ho smesso del tutto di cadere? Non esattamente. Sono caduto ancora altre volte, ma non fisicamente. Non sempre gli altri attorno a me se se sono accorti. Io di certo si. Perché c’è poco da fare, ma quei lividi sono miei. Quelle lacrime da asciugare sono le mie. Quella sofferenza dell’anima è mia. Passa? Certo. Tutto passa in un modo o nell’altro. Ma ciò non toglie che tutto questo lo abbia provato io. E proprio così, in quella maniera lì, soltanto io. Anche questo fa parte della nostra unicità e testimonia il fatto che un essere umano identico a un altro non c’è e non ci potrà mai essere.
Alcune volte cadendo è come se avessi battuto la testa. Vado in confusione e perdo di vista chi sono, cosa sto facendo e perché lo faccio. Con questo caos interiore passo un po’ di tempo a terra, come succedeva una volta. Poi, piano piano, con il mio tempo inizio a riprendermi. E non importa se ad accorgersi di questo saranno in tanti, solo alcuni o nessuno. Non importa se qualcuno ne parlerà o non ne parleranno affatto. L’unica cosa importante è che sarà chiaro a me stesso. E nel profondo del mio cuore saprò che

“Mattia si è rialzato.”

Mattia Mutti