Il mese scorso ho ricevuto una bellissima notizia: una coppia di amici, che non vedevo da prima del lockdown, mi ha detto: “Mattia sabato veniamo a trovarti, ma non saremo solo noi due”.
Nella mia testa stavo già pensando al perché dovessero portare anche il loro coniglio a trovarmi, ma poi mi ripresi subito e giunsi alla conclusione: un cucciolo d’uomo sarebbe venuto a casa mia con loro, celato all’interno della pancia della sua mamma. Scoprì, poco dopo, che erano già 4 mesi che stava lì, pure lui senza poter uscire!
Quando intorno a me ci sono cambiamenti di questo tipo sono portato a confrontarli con me stesso. Io e il futuro padre del pargolo, abbiamo la stessa età (29 anni), abbiamo fatto le elementari insieme infatti. Ecco perché, plagiato da questa notizia, mi sono chiesto:
io come percepisco la paternità?
Siccome ho delle manie di protagonismo, ho deciso di condividere con tutti voi la mia personale risposta.
Innanzitutto è indubbio che la percepisca come una cosa lontana, appartenente quasi ad un’altra vita, meglio ancora, ad un’altra possibile esistenza. Alla mia età mio padre aveva già un figlio di 6 anni: me medesimo. Arrivato senza chiedere il permesso, a gettare scompiglio in vite già di per sé abbastanza scompigliate.
Alle volte penso che, se dietro la mia venuta al mondo ci fosse stato uno scopo più grande, sarebbe stato quello di fare un’immenso esperimento sociale.
Da piccolo adoravo gli esperimenti, mi piaceva chiedermi: “cosa succede se faccio così?” Forse ho fatto una cosa simile e mi sono detto: “ma se adesso, improvvisamente capito in quella famiglia, che succederà?”
Eppure la potenzialità di fare un figlio ce l’ho (eccome se l’ho!). Se vi state chiedendo se mio figlio uscirebbe dall’utero materno con una mini carrozzina elettrica già in dotazione, visto che io e la mia di carrozzina siamo una cosa sola, mi spiace, ma avete preso un abbaglio.
Mi ha sempre fatto pensare il fatto di non avere la forza di poter camminare, ma di avere dentro di me l’energia potenziale per creare un individuo sano, pensante e vivente. Ci vedo dentro dell’ironia, di quella bastarda però.
Già li sento, in lontananza, i miei amici obbiettare: “Mattia è inutile che ti fai delle pippe mentali. Ti conosciamo bene e sappiamo che in realtà sei interessato solo al “modus operandi” in cui si fanno i bambini e non ai bambini in sé.”
Come non dare loro ragione, alla fine dei conti è questa la cruda verità.
Ma va bene così, perché nel momento in cui non sarò più interessato vorrà dire che sarò tre metri sotto terra all’ombra di un cipresso.
Forse vi sareste aspettati dei mega discorsi filosofici e invece da “maschietto standard” quale sono, finisco sempre per parlare della stessa cosa: il “triangolino che ci esalta” giusto per citare Elio e le Storie Tese).
Ipotizziamo per un momento che io trovi la tanto agognata “materia prima” con cui riprodurmi (so già che dopo questa frase mi bollerete come sessista e maschilista, ma anche qui avete preso il secondo abbaglio).
Riuscite ad immaginare la mia compagna Emily Ratajkowski (beh? io immagino in grande) ad avere a che fare, non con uno, ma con due neonati? Non perché avremmo dei gemelli, l’altro semplicemente sarei io!
Per esempio, a tavola: il piccolo nel seggiolone, io in carrozzina ed entrambi da imboccare con “l’aeroplanino”. Vi assicuro che c’è qualche simpaticone che quando mi imbocca tenta ancora di farmi “l’aeroplanino” (ciao Stefano), ma viene immediatamente arso vivo con un’occhiataccia.
Anche Emily andrebbe giù di testa a vivere così. Mi solleva il fatto che non sarebbe così strano, perché al giorno d’oggi, ci sono tantissime donne che, oltre a dover fare da mamma ai loro figli, sono costrette a fare da badante a compagni o mariti; di conseguenza sarei semplicemente uno tra i tanti. Quindi… Emily chiamami quando vuoi, sono tuo.
Torniamo seri. Ripensando alla creaturina dei miei amici che verrà alla luce, gli voglio dedicare questo mio breve pensiero:
Caro Jon Snow, Jordan, Micheal, Tyrion o Stark (i tuoi genitori non hanno ancora scelto il tuo nome, ma alla tua mamma piacciono i nomi strani),
so che, quando uscirai sarai un pochetto incazzato, lo siamo stati un po’ tutti alla nascita. Strilliamo, piangiamo quasi volessimo dire :”Caspita, ma è tutto qui quello che siete riusciti a fare voi adulti con questo mondo?!” Effettivamente non avrai tutti i torti, c’è ancora tanto da fare e tante cose ancora da migliorare.
Parti bene sai? Hai l’amore dei tuoi genitori; dovrebbe essere scontato, ma non è sempre così. Tu sei stato desiderato e voluto e anche qui non c’è nulla di scontato. Per quanto riguarda il mondo: i tuoi genitori, lo zio acquisito in carrozzina e tantissime altre persone stanno facendo del loro meglio per migliorare le cose (io senza sforzarmi troppo sia chiaro). Stiamo seminando per rendere questo posto un po’ più vivibile, con meno pregiudizi e più aperto alle possibilità. Abbiamo la responsabilità di farlo per noi che siamo qui adesso e per voi che arriverete dopo.
Sappi che, il pianto si placherà e così potrai procedere con la tua vita. Le emozioni che proverai saranno innumerevoli e se dovesse presentarsi prepotente lo scoraggiamento, perché penserai che le cose sono troppo difficili, di non essere all’altezza o che siano in troppi a remarti contro, lo zio sarà qui a ricordarti che: “Non sei qui per farti plasmare dal mondo, sei qui per dare la tua impronta al mondo. Vai, impara, sbaglia, riesci, fallisci, cadi, rialzati, cadi ancora, rialzati più forte. Mantieni gli occhi e il cuore poco orientati al passato, ma più fermi sul presente e sul futuro che desideri per te. Fai in modo che, al tuo passaggio, questo posto sappia un po’ più di te e un po’ meno di quello che gli altri vorranno per te.”
Lo “zio” Mattia Mutti