La casa del pinguino Vol. 3

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Shampoo allo spumante

Le serate dell’Ultimo dell’anno regalano sempre grandi emozioni alla “Casa del Pinguino”. Ho già raccontato  alcune vicende accadute durante questa festività (i miei piedi che quasi prendono fuoco); ma ci sono alcuni episodi inediti che per esigenze di autosputtanamento, devo assolutamente condividere con voi!
Eravamo tutti pronti per il brindisi di mezzanotte: come da da tradizione tv sintonizzata su Rai 1 (è risaputo che la trasmissione di capodanno vada utilizzata unicamente per fare il countdown corretto). L’amico fisioterapista svalvolato (all’epoca non ancora fisioterapista) era incaricato di far saltare il tappo dello spumante esattamente alla mezzanotte. Mezzanotte arriva, ma il tappo, ovviamente, non salta. Il fisioterapista stava armeggiando, con tutto sé stesso, con la bottiglia: paonazzo in viso, ad un certo punto, riesce a sciabolare e lo spumante, letteralmente, erutta!
Secondo voi, chi c’era molto molto molto vicino allo sciabolatore folle? Io! Già pronto con il bicchiere in mano, in attesa di essere abbeverato. A quel tempo non ero ancora provvisto di carrozzina elettrica quindi non potevo fuggire! L’amico, cercando di non bagnare ovunque, ha la malsana idea di girarsi improvvisamente proprio verso di me, con la bottiglia ancora eruttante. Manco avessi vinto il Gran Premio, felpa e capelli vengono inondati. Alla fine ero stato abbeverato, ma non esattamente nel modo in cui avrei voluto!
Sapete qual è stato l’aiuto repentino ricevuto dagli altri amici presenti? Grasse risate sguaiate ovviamente! Probabilmente la mia espressione potrebbe aver contribuito alla loro ilarità, in quanto, data la velocità con cui tutto è accaduto, rimasi, gocciolante di spumante, pietrificato a fissare il vuoto. Ricordo perfettamente che quella stessa notte andai a dormire con l’iconico odore dell’ubriacone del villaggio: ad ogni mio respiro inalavo spumante dai miei poveri capelli e mi ubriacava ulteriormente.

Sono un Mago!

Come dicono quelli bravi: “don’t try this at home!”, a noi è andata bene ma poteva andare molto peggio!
Da ragazzino ho sempre amato il fuoco e le esplosioni. Penso che alla fine dei conti dobbiate veramente ringraziare la distrofia perché, senza quella, vi sareste ritrovati con un terrorista a piede libero.
All’età di 10/11 anni, avevo tentato di dare fuoco al sedile della Polo di mia mamma con l’accendisigari. Ero curioso di sapere cosa sarebbe successo e, con mia grande soddisfazione, riuscì a marchiare a fuoco il sedile con la forma circolare dell’accendisigari. La sgridata che mi diede mia madre l’ho rimossa ma immagino fosse piuttosto traumatica: l’avevo fatta grossa!
Tutto questo ci porta al periodo in cui le esplosioni sono più tollerate: durante i festeggiamenti per il nuovo anno. Alla “Casa del Pinguino”, da tradizione, ogni 31 dicembre i soldi della colletta erano utilizzati anche per i “botti”, oltre che per la spesa. Spesso i miei amici arrivavano a casa mia con borse piene di miniciccioli, raudi, magnum e altra roba pirotecnica. Tutti dovevano sapere che il nuovo anno iniziava anche alla “Casa del Pinguino” e allo scoccare della mezzanotte partivano i “bombardamenti“!
Ovviamente, essendo così amante delle esplosioni, non potevo di certo tirarmi indietro! Incurante del freddo e delle intemperie, dopo la mezzanotte e in sella alla mia carrozzina elettrica, ero in giardino, con i miei amici, a scoppiare petardi. L’ho fatto per diversi anni, ma quando ho notato che, dalla carrozzina, i miei lanci non andavano molto oltre i miei piedi ho deciso di smettere. Questo però non mi impediva di guardare gli altri mentre lo facevano. Da qui si evince che il “mago” dell’episodio non sono io, ma un mio amico.
Dal balcone di casa questo mio amico si stava cimentando in un numero molto sconsiderato: al grido di “ragazzi guardate sono un Mago!” teneva in mano i magnum accesi e li lanciava all’ultimo secondo. In questo modo la detonazione avveniva ancora in aria. Se non sapete che tipo di petardi sono i Magnum, provate a cercarli: come suggerisce il nome non sono esattamente piccoli!
Secondo voi, data questa premessa, cosa poteva andare storto? Io avevo visto cosa stava facendo, ma avevo fretta di farmi portare al piano di sotto. Volevo montare in sella alla mia carrozzina elettrica (all’epoca non la usavo sempre, ma solo in determinate occasioni) e unirmi ai festeggiamenti, scorrazzando liberamente fuori. In cuor mio speravo che, dopo due o tre lanci, l’amico avesse smesso di farli esplodere in quel modo. Mi sbagliavo. Avevo appena raggiunto il mezzo elettrico e mi stavo preparando per uscire quando all’improvviso mi riportano la notizia: “Al ‘Mago’ è scoppiato un magnum in mano!”
Immediatamente pensai al peggio! Me lo immaginavo già tutta la vita come Capitan Uncino, senza una mano o con delle dita mancanti, così che non battesse più il cinque, ma al massimo il tre.
Grazie a Dio niente di tutto ciò. Era tutto intero tranne un buchino nella mano. La sua fidanzata era in lacrime. Lui non sembrava nemmeno quello del fatto, in quanto aveva bruciore, ma il dolore era ancora contenuto. Poi, prese la brillante decisione di bagnarsi la mano con l’acqua fredda e, improvvisamente, tutto cambiò: il dolore si fece lancinante. Doveva essere portato al pronto soccorso per essere medicato. I miei amici avevano da poco preso la patente e in tre lo accompagnarono. Questo simpatico quadretto era formato da: autista, amico dolorante che si teneva la mano e altri due amici per il supporto morale. La festa, per il nostro “mago”, era finita, ma, fortunatamente, si riprese alla svelta. Il danno era lieve, ma, da quel momento in poi (chissa perché), i petardi non li scoppiò più. Però la famosa frase “sono un mago, sono un mago boom!” venne citata per anni nella compagnia.
La tradizione dei botti di capodanno, alla casa del Pinguino, andò via via scemando e, oggi, possiamo affermare con orgoglio che il nostro periodo di piromani dinamitardi resta solo un lontano ricordo.

Matei nom a let?

Prima delle invasioni barbariche (ovvero prima che mamma e fratelli venissero ad abitare con me), i miei amici ancora non mi mettevano a letto e, quindi, questa ingrata mansione spettava alla nonna.
Dovete sapere che mia nonna, probabilmente temprata dalla dura vita contadina bresciana, ha sempre avuto una forza fisica straordinaria. Pari a quella di un uomo, se non addirittura superiore. Infatti, fino a quando ha potuto, mi ha sempre messo a letto lei, alzandomi di peso dalla carrozzina. Molto spesso c’erano delle serate in cui, io e cinque o sei amici, facevamo baldoria. Puntualmente, prima delle 23, la nonna apriva la porta della camera e chiedeva in dialetto bresciano: “Matei nom a let?”. Nonostante i tantissimi anni vissuti in provincia di Mantova, non ha mai perso il suo slang di origine.
Immediatamente, arrivava la nostra risposta in coro: “Dai Marta è ancora presto! Altri dieci minuti!” La nonna sembrava che ci assecondasse, ma, nemmeno due minuti dopo, riapriva la porta e chiedeva: “Alura andom a nana?” Probabilmente aveva capito che l’unico modo per far sloggiare tutti era quello di utilizzare la tecnica dello sfinimento.
Tenete presente che abbiamo sentito talmente tante volte la domanda “Matei nom a let?” che è letteralmente rimasta nel nostro immaginario collettivo. Tutt’ora quando esco con i miei amici e si è fatto un certo orario, quando cominciamo ad avere sonno esordiamo con il “Matei nom a let?”, oppure anche con la variante dal medesimo significato “Matei nom a nana?”.

Riflessione conclusiva della trilogia “Casa del Pinguino”

Alla fine di tutto che cos’è, per me e i miei amici, la “Casa del Pinguino? È un posto che durante i nostri ritrovi poteva e può diventare diverse cose: un’ultima spiaggia in cui si va quando non si ha niente di meglio da fare, un posto in cui rilassarsi guardando qualcosa tutti insieme, un posto da cui si parte per andare per locali o dove bisogna tornare perché “c’è da mettere a letto Mattia”, un posto in cui passare qualche ora allegra in compagnia e lasciare fuori i propri problemi. In questa casa non è successo nulla di straordinario, questo è certo. Chissà quante compagnie e gruppi di amici hanno storie da raccontare, anche più interessanti e spettacolari delle nostre, semplicemente raccontate meglio di come ho fatto io.
Queste sono alcune delle nostre, ma, pensandoci bene, forse lo “straordinario”  sotto questo tetto accade ed è sempre accaduto.
Accade quando ci si confronta, quando si cresce e si cambia, quando ci si ritrova e si è contenti, quando si hanno dei ricordi in comune e se ne parla rivivendoli come se il tempo non fosse mai passato, quando si è adolescenti e, in un istante, ci si ritrova trentenni in questo pazzo 2021. Quando arrivano i virus, le pandemie e le zone rosse. Quando ci si ammala di Covid e si guarisce, ma dall’amicizia, quella vera, non si guarisce mai.

Mattia Mutti