Le mie amiche

Se è possibile avere un talento che sia negativo per noi stessi, io di certo ne ho sempre avuto uno. Sono abilissimo nell’anticipare nella mia mente gli scenari futuri peggiori che mi potrebbero capitare. Se un evento prossimo che mi riguarda ammette almeno due alternative, una positiva e una negativa, statene certi che la mia mente si arenerà su quella negativa. Nell’attesa dell’evento in questione continuerà il suo chiacchiericcio infinito che consiste in: “se succede così come farò?”, “che accadrà?”,  “ma io ho paura, ansia” e via dicendo. È come se la mia mente fosse stata abituata a funzionare attraverso delle statistiche e si ritrovasse a fare questo tipo di ragionamento: per due volte hai sperato in qualcosa di positivo e ti è andata male. Di certo ti andrà male anche la terza volta. Come faccio ad averne la certezza non lo so proprio, ma sicuramente sembra che non riesca ad evitare di pensarla in questo modo.

Come si può fermare quel chiacchiericcio della propria mente?

Basterebbe non pensare all’evento che temiamo e concentrarci su qualcos’altro. Ma come si può pretendere di non pensare ad un evento prossimo che ha a che fare, ad esempio, direttamente con la propria salute? È molto complicato. Su questo non c’è alcun dubbio e credetemi, io ne so qualcosa. Però ho ugualmente provato a lavorarci su per vedere se potevo farci qualcosa. Mi sono reso conto che la fonte di tutti quei pensieri negativi e di quel chiacchiericcio inutile della mia mente era sempre la stessa. Una vecchia amica che, chi più chi meno, conosciamo un po’ tutti: la paura. Non la posso definire mia nemica in quanto lo scopo della sua presenza è di certo nobile: proteggerci dai pericoli. Ma come tutte le amicizie se comincia ad essere esageratamente presente, anche quando non ne abbiamo bisogno o peggio quando necessitiamo di un po’ di tempo per noi stessi per stare tranquilli un momento, comincia a diventare una presenza alquanto soffocante; in grado di paralizzare il moto stesso della vita.
Poi mi sono reso conto di una seconda cosa. Questa paura associata ad uno stato di ansia molto spesso è collocata nel futuro. A meno che non ci sia un pericolo nell’immediato al quale devo reagire subito, la mia ansia è quasi sempre collegata ad un evento nel futuro di cui non posso conoscere l’esito. L’evento non c’è ancora, ma io nella mia mente lo sto già creando e lo creo al negativo. Ecco perché mi spaventa. Ma per contrastare tutto questo io possiedo un’arma. Ce l’ho da quando sono nato, ma sembra che mi manchi sempre. Si chiama presente. Nel momento presente non la trovo quell’ansia, perché si trova nel futuro e il futuro non esiste ancora. Se riesco a rendermi conto che il presente è tutto ciò che possiedo veramente, se tolgo la mente dal futuro e la riporto al qui e ora vivendo quello che sto facendo come se non ci fosse niente che mi preoccupa la mia ansia sarà costretta a calare. È logico che debba anche pianificare il futuro per poter vivere su questo mondo, ma l’importante è evitare di stare nel futuro più di quello che è strettamente necessario. E se proprio non riesco, almeno cercare di starci con tranquillità immaginando un esito positivo piuttosto che sempre e solo negativo.
Il terzo punto di cui vi voglio parlare è sicuramente quello che mi ha aiutato di più nella mia esperienza. Ho parlato prima di quella pressante amica di nome paura e l’ho sempre considerata una presenza che arriva dall’esterno. Come fossero gli eventi stessi a generarla. Ma in realtà il vero e proprio genitore della paura sono sempre stato io. Quell’amica è in realtà una mia creazione. Certo, molto spesso inconsapevole, inconscia, ma comunque una mia creazione. O meglio nello specifico del mio cervello. Se riesco a non scordarmi di questo, non la potrò eliminare del tutto, ma diventerà di certo più affrontabile.
Tutto questo sembra facile a parole, ma metterlo in pratica vi assicuro che non lo è. Ci vuole costanza e impegno, soprattutto per quelli tendenzialmente ansiosi come sono io. E va perseguito come fossimo gli scienziati di noi stessi, attraverso prove ed errori.
Recentemente ho provato a utilizzare tutto questo e ho iniziato ad avvertire qualche risultato quando mi sono reso conto che dentro di me qualche piccola cosa stava cambiando. Quando ad esempio un ospedale, fino a quel momento considerato un luogo in cui si va quando si sta male, si è trasformato in un luogo in cui si va per riuscire a stare meglio. Ed ecco che durante una visita piuttosto importante è venuta a farmi visita un’altra amica. Lei, a differenza dell’altra, arriva ogni tanto, però vi assicuro che quando arriva si fa sentire. Non sta sempre addosso e credo che non lo faccia per farsi apprezzare di più. Si chiama Gioia. La sua essenza è sempre quella per tutti, ma ama travestirsi. Ad alcuni fa visita in modi e momenti diversi, con me è arrivata travestita da medico portatrice di una semplice, ma bella notizia: la visita è andata bene, sto bene e fino a ottobre non mi vogliono più rivedere.
Si fa fatica al giorno d’oggi ad avere fede. Fede intesa come credere in qualcosa, qualsiasi cosa si tratti. Credere di non essere qui solo per soffrire. Credere che le cose non debbano andare sempre per forza male. Credere in quell’eccezione che secondo il modo di dire conferma la regola, ma che per me invece ci fa capire come le regole che esistono molto spesso sono create da noi.

Ringrazio la mia amica Giada Breviglieri per la creazione dell’immagine.

Mattia Mutti