Nell’articolo di gennaio “il mio anno in breve”, in cui parlavo delle varie peripezie che hanno caratterizzato il mio 2019, avevo concluso con questa enigmatica frase: “Adesso chissà che succederà nel 2020…” Chi l’avrebbe mai detto che dietro quei tre puntini di sospensione si nascondesse una pandemia globale e un asteroide che passava vicino (si fa per dire) alla terra.
Non so voi, ma io, dati gli ultimi avvenimenti, per un attimo ci ho pensato veramente al fatto che quel “giarrone spaziale” potesse deviare un attimino e schiantarsi sul nostro granellino azzurro; a meno che non intervenisse Bruce Willis, ma l’ha già fatto una volta e non penso che sarebbe stato ancora disponibile…(se non sapete di che sto parlando googlate).
Se fosse stato Dio con una fionda a lanciarcelo?
Ho pensato a due scenari: o ha sbagliato e già me lo immagino: mano sulla fronte “Mannaggia, di poco!” Oppure era solo un avvertimento e con sguardo da gangsta avrà detto:”La prossima volta la mia mano non tremerà!”.
Era la mattina del 4 marzo quando, a malincuore, decisi di mandare quel messaggio sul gruppo Whatsapp della mia compagnia di amici. Nel testo spiegavo che dato che il virus aveva toccato anche i territori della provincia di Mantova, per avere più possibilità di continuare la mia sopravvivenza, mi ritiravo a vita monastica. Questo mi avrebbe costretto a una castità obbligatoria (si racconta che quel giorno i pianti di migliaia di ragazze echeggiassero nell’aria) e ad allontanare dalla mia abitazione tutte quelle persone non essenziali alla mia sopravvivenza come amici, spacciatori e concubine (che, al contrario, da un certo punto di vista potrebbero essere considerati come i più essenziali invece, ma questa è un’altra storia). Nel messaggio avevo anche detto che avrei mantenuto questo comportamento per almeno due settimane e poi avrei valutato cosa fare basandomi sull’evoluzione della situazione. Fantastico il fatto che ridendo e scherzando tra lock down, mascherine, guanti, multe e congiunti di mesi ne siano passati 3 e ulteriormente fantastico il fatto che l’anno scorso non potessi spostarmi in mancanza di un veicolo attrezzato arrivato dopo un secolo; quest’anno indovinate un po’? Macchina attrezzata + pandemia = ferma nel garage. Dulcis in fundo, durante la fase 1, giornate spettacolari, un sole che sembrava dipinto. Se non ci fosse stata l’epidemia, con la possibilità di uscire liberamente, sarebbe stata la primavera più fredda degli ultimi trent’anni con piogge torrenziali, tifoni e grandine. Un vento che, uscendo di casa, mi sarei ritrovato aggrappato in cima alla magnolia del mio giardino, carrozzina compresa.
Se volevate un altro complotto ve lo aggiungo io: il virus è stato creato appositamente per fare stare a casa il sottoscritto.
D’altronde l’ho sempre detto io di essere un personaggio scomodo, come Gesù, Gandhi o Martin Luther King.
L’unica differenza tra me e loro sta nel fatto che io non verrò assassinato perché far fuori un disabile sarebbe un po’ troppo “cringe” (over 40 googlate). In compenso però, posso essere allontanato ed è una cosa che mi capita spesso anche a casa mia. Alle volte succede che mi metta a discutere con mia nonna e che mi scontri con alcune sue idee troppo moraliste e bacchettone. È proprio in quei casi che partono le mie dissertazioni filosofiche in risposta alle sue idee. Dissertazioni che mia nonna giudica come esageratamente rivoluzionarie, io, semplicemente, di buon senso. Solitamente la discussione finisce con mia nonna che mi allontana, appunto, invitandomi ad andarmene nella mia camera sostenendo che sono ancora “szerb” (termine dialettale che significa acerbo). Starmi troppo ad ascoltare le provocherebbe, infatti, un crash totale del sistema. A quel punto me ne vado, ricordandole puntualmente che a Gesù hanno fatto fare una brutta fine proprio perché, anche lui, sosteneva delle cose scomode. Essendo lei una grande sostenitrice del cattolicesimo, cerco, con questa frase, di pungerla sul vivo. Tutto questo perché spero ancora, un giorno, nell’impresa di creare un prototipo di nonna hippy dedita all’amore libero e ai viaggi astrali tramite lsd.
Tornando al messaggio di quell’ormai lontano 4 marzo, nella conclusione, avevo scritto che una volta finita tutta questa storia del virus avrei voluto essere chiamato “The Revenant”. Per chi non lo sapesse “The Revenant” è un film del 2015 con protagonista Leonardo Di Caprio e la sua trama è piuttosto semplice: c’è l’amico Leo che per tre quarti di film è sempre “sacagnato” (termine tecnico). La sua interpretazione del “sacagnato” gli è pure valsa un Oscar che, nonostante gli innumerevoli film precedenti, non era mai arrivato. Ma cosa abbiamo in comune io e il nostro bel biondino del Titanic? Oltre all’avvenenza fisica si intende. Beh, io di certo non sono scampato per miracolo ad una furibonda lotta contro un grizzly, (anche se delle volte sono stato assalito dalla mia cagnolina Lilly) però sono sopravvissuto alla Lilly, al Coronavirus e a un “giarrone spaziale”.
Il significato della parola “revenant” infatti è proprio quello: redivivo o sopravvissuto appunto. E se ci fosse qualche precisino/iettatore che potrebbe obbiettare: “Eh ma la pandemia è mica finita eh!” Beh allora io risponderó, prendendolo in prestito da quell’incisiva saggezza popolare romana, con un sonoro e lapidario “Esticazzi!”, perché così è come mi sento: un sopravvissuto. Non ho visto guerre, carestie, dittature,spagnole o asiatiche però vivo ogni giorno su questo granellino di sabbia che chiamiamo terra, facente parte di una spiaggia infinita.
Credetemi: non è sempre facile. Non voglio nè encomi, né medaglie anche perché non ne ho proprio bisogno. Il mio premio è la mia consapevolezza che niente e nessuno mi potrà mai portare via. Quindi, da adesso in poi, sapete come chiamarmi.
Buona estate a tutti.
Mattia “the revenant” Mutti
P.S. Mentre tutti discutevano se il virus avesse origine naturale, artificiale o se fosse colpa di Ozzy Osbourne quando a quel concerto staccò con un morso la testa a un pippistrello (ahimè fatto vero), io facevo parallelismi tra la situazione e “Alla fiera dell’est”:
“E venne il Covid che infettò il pipistrello che infettò un pangolino che al mercato di Wuhan mio padre comprò…”