Marcello Fanti

“Con i Duchenne è questione di millimetri”

Questa volta voglio iniziare da qui. Da una frase del nostro caro Marcello dell’Ortopedia Guadagni. È una frase semplice che però, dietro l’apparenza, nasconde molte cose. Prima di tutto Marcello ha fottutamente ragione. Noi “Duchenne” siamo per natura dei rompimaroni. La mia compagnia di amici lo sa molto bene. Le richieste che facciamo sono infinite e non potrebbe essere altrimenti essendo  autosufficienti e bellissimi come neonati. Però è con certi spostamenti o modifiche di posizione che diamo il meglio di noi stessi. Le situazioni migliori si vengono a creare quando la persona incaricata di aiutarci non ha spesso a che fare con noi. Un semplice “spostami il braccio” può essere un’azione da 15 minuti circa, con il sottoscritto che continua “no un po’ più avanti, no un po’ più indietro” e il malcapitato che spara una mitragliata di “Così? Così va bene? E adesso?” e ancora “no un po più a destra, sinistra e via dicendo”. Ovviamente tutto questo potrebbe spazientire il malcapitato che si ritroverebbe a pensare: “Mi prende per il culo? Magari andava bene fin dall’inizio“.
Con il passare del tempo ho imparato anche un po’ a giocarci con questa cosa e dovreste sentire quali “paroline dolci” mi donano i miei amici quando apposta chiedo loro “spostami l’arto superiore destro di 3,7 millimetri” oppure “piegami la gamba sinistra di circa 36 gradi rispetto alla sua asse”. Ecco tante volte non ha nemmeno un vero e proprio senso quello che chiedo loro, ma si sa, mi diverto con poco.
È successo più di una volta che all’ennesimo spostamento richiesto l’amico abbia sbottato: “Ma se ti ho mosso solo di mezzo centimetro?! Come fai a dirmi che va bene?!”. E nella maggioranza dei casi la mia risposta sarà: “È quel mezzo centimetro che conta!“.
L’ho buttata sull’ironia, provate però a pensare quanto deve essere complesso il lavoro di Marcello. Una persona sana che non sa effettivamente cosa voglia dire stare tutto il giorno sulla carrozzina che deve entrare in sintonia con il cliente, provare a capire il suo mondo e soprattutto il suo quotidiano. Capire che cosa vuole esattamente il cliente che non è così scontato, perché tante volte nemmeno il cliente ha le idee così chiare. Capire che quel centimetro in più o in meno, insignificante per una persona sana, per chi ha delle difficoltà può fare veramente la differenza.
In un mio precedente articolo ho scritto che “molte volte per avere una visione più ampia e vedere il paesaggio per intero bisogna esserne distanti”. È così anche quando sei in cerca di aiuto, come di una carrozzina più comoda rispetto a quella che avevi prima. Arrivi da Marcello con un’idea, ma non hai le conoscenze per portarla a compimento. Le ha lui. Magari sei convinto che per aiutarti si debba fare in un certo modo, invece arriva lui che con maestria ti suggerisce “e se invece facessimo così…” oppure “non sarebbe più comodo se invece facessimo…”. Ecco che allora lui che è distante, che è uno spettatore di quello che è il tuo mondo, riesce a scorgere quel qualcosa in più in quel “paesaggio” in grado di fare la differenza. Proprio lì allora pensi: caspita ma ha proprio ragione!
Tutto questo potrebbe essere catalogato come una semplice interazione tra professionista e cliente, ma penso che ci sia qualcosa in più. In realtà quel “qualcun altro” con cui hai interagito ti sta aiutando a conoscere meglio quello su cui pensavi di sapere tutto cioè te stesso.
Se poi quel “qualcun altro” è proprio quello presente a pagina 94 del libro “Guadagni: 100 anni di cuore, ingegno e fantasia” (e disabili incontentabili aggiungo io) ne succederanno delle belle. Forse pagina 94 può veramente diventare un simbolo di quella genialità insita in certi “folli”. Quelli che non seguono un percorso già dettato e seguito da altri, ma che ne creano uno proprio. Perché come ha detto Steve Jobs “le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo sono coloro che lo cambiano davvero.” Già lo sospettavo, ma sapete quando Marcello mi ha dato la conferma di non essere molto “centrato”? Quando mi ha detto di essersi divertito molto con certi miei articoli. Allora li ho capito. D’altronde tutto quel tempo con sti diversamente abili, un po’ “diversamente centrato” lo devi essere anche tu altrimenti non ne puoi uscire vivo.

Non so se l’Ortopedia Guadagni abbia effettivamente cambiato il mondo. Di certo l’ha migliorato e continua a farlo ogni giorno, cercando di cambiare in positivo la vita delle persone. È un lavoro duro che necessita impegno, sacrificio e anche tanto amore. Un amore che si sente.

Come l’abbiamo sentito alla festa per i 100 anni dell’Ortopedia avvenuta  a Villa La Favorita lo scorso 5 e 6 ottobre, quando abbiamo assistito a quell’abbraccio tra Marcello, i suoi genitori e Flavio Cerutti che magistralmente ha raccontato con ironia i suoi anni di lavoro da Guadagni. Un abbraccio vero, sentito e non di circostanza che ha fatto salire, a me e sono convinto anche a tutti i presenti, una gran dose di commozione. Un sentimento che ci ha fatto sentire tutti, ma proprio tutti, parte di quella grande famiglia che è l’Ortopedia Guadagni.

Mattia Mutti