Ci sono alcune canzoni che ci colpiscono più profondamente di altre. Forse perché sanno parlare alla nostra interiorità. Ascoltandole pensiamo a noi, ai nostri desideri, sogni, alle nostre paure e speranze. Sarà capitato anche a voi di ascoltare un brano e improvvisamente da dentro arriva qualcosa. Un calore che, dal centro del petto, si diffonde in tutto il corpo. Poi arrivano i brividi, non di freddo, ma di emozione. Una scossa che ti attraversa. Il corpo si muove da solo come se ti volesse suggerire che quello che stai sentendo è più vero di tutto ciò che puoi vedere e toccare. Infine gli occhi che si riempiono di lacrime, perché sale quella commozione così squisitamente umana. È come se ci fosse qualcuno dietro di te che, mettendoti le mani sulle spalle, si avvicina al tuo orecchio e sottovoce ti suggerisce: “Sei qui per volare”. In quell’istante non hai più dubbi e ci credi ciecamente.
È quello che mi è successo quando ho ascoltato il brano di Roberto Vecchioni “Ti insegnerò a volare (Alex)”, in cui partecipa anche Francesco Guccini. La canzone è del 2018 ed è dedicata al paraciclista e conduttore televisivo Alex Zanardi. Oggi, questa canzone, assume ancora più significato perché, come tanti di voi sapranno, il 19 giugno Alex è rimasto coinvolto in un incidente. Adesso è ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano, dove sta combattendo la sua ennesima battaglia. Le sue condizioni sono tutt’ora gravi, ma ci sono stati dei significativi miglioramenti che fanno ben sperare in un recupero del pilota.
Non sono un appassionato di sport, ne so proprio poco o nulla. Però amo le storie. Le storie di quelle persone che messe alle strette dalla vita, hanno saputo tirare fuori una grinta e una forza di volontà fuori dal comune; alcune volte, riuscendo, addirittura, a ribaltare pronostici negativi che li davano già per spacciati.
Alex Zanardi non è nuovo a tutto questo. Ha già combattuto una battaglia immensa nel lontano 2001, durante una gara automobilistica in Germania. Quel famoso incidente che gli costò l’amputazione di entrambi gli arti inferiori. Dopo 16 operazioni chirurgiche e nientemeno che 7 arresti cardiaci, ecco che Alex ritorna. Ritorna a gareggiare, diventa paraciclista e di nuovo sulle sue gambe grazie a delle protesi, conduce programmi televisivi raccontandoci altre meravigliose storie.
Nell’articolo precedente ho parlato di Bebe Vio e di questi “influencer positivi” che stanno cambiando il modo in cui viene concepita la disabilità e non solo. Se è vero che siamo qui per imparare e lo facciamo gli uni dagli altri, le storie di questi personaggi ci insegnano delle lezioni immense. La medicina è essenziale, ma non conosce tutte le risposte e a volte una mente con un obiettivo, uno scopo può superare anche dei grandi impedimenti fisici. Pensate a persone come Stephen Hawking, il famoso cosmologo. Colpito da una malattia degenerativa devastante a soli 21 anni, i medici gli avevano dato 2 o poco più anni di vita. È morto 2 anni fa, a 76 anni. Dotato di una mente certamente fuori dal comune, i suoi contributi sono stati essenziali allo sviluppo di teorie sulla comprensione dello spazio. O nel mondo dell’arte pensate alla pittrice messicana Frida Kahlo. Anche qui giovanissima, a soli 18 anni, rimase coinvolta in un gravissimo incidente su un autobus. La colonna vertebrale le si spezzò in 3 punti ed ebbe una moltitudine di fratture in tutto il corpo. Immobilizzata a letto e con il busto completamente ingessato, iniziò a leggere e a dipingere per occupare tutto quel tempo che non poteva utilizzare in altri modi. In questa condizione trascorse diverso tempo, ma dopo la rimozione del gesso Frida riuscì, incredibilmente, a tornare a camminare. I dolori, purtroppo, non la lasciarono mai e la accompagnarono fino alla fine della sua vita, ma questo non le impedì di far conoscere la sua arte, che ormai era diventata la sua ragion d’essere, in tante parti del mondo.
O, ancora, la storia dell’americano Morris Goodman. Non credo che in Italia la conoscano in molti, ma la sua vicenda è considerata a tutti gli effetti miracolosa. Nel 1981 a 36 anni, Morris precipitò con il suo aereo. All’arrivo in ospedale le sue condizioni erano gravissime. Paralizzato e con il diaframma completamente distrutto non era in grado di muoversi, di parlare, di deglutire e nemmeno di respirare. Attaccato ad un respiratore, l’unica cosa che riusciva a fare era strizzare gli occhi. I medici erano certi che sarebbe rimasto un vegetale per tutta la vita. Ma questa, come ebbe a dire Morris in seguito, era l’opinione dei medici, non la sua. Durante le sessioni di riabilitazione Morris aveva ben chiaro in mente solo il suo obbiettivo: uscire dall’ospedale con le sue gambe. Tornato a respirare in maniera autonoma e dopo un periodo immenso passato in ospedale, Morris riuscì nel suo obbiettivo in un giorno, usando le sue parole, impossibile da dimenticare. Tutt’ora i medici non riescono a spiegarsi come sia stato possibile. Dopo quell’esperienza Morris Goodman è diventato un motivatore e un autore di fama internazionale. Nei suoi seminari utilizza la sua vicenda per aiutare le persone a credere in sé stesse e a non mollare mai di perseguire i propri obbiettivi nonostante tutto.
Ho fatto solo questi esempi, ma le storie che potrei citare sono tantissime. Ciò su cui, però, vorrei che poneste maggiore attenzione è che queste persone, oltre ad essere riuscite a raggiungere obbiettivi positivi per sé stessi, hanno posto le loro storie di vita al servizio degli altri, della collettività. Talvolta anche inconsapevolmente. La forza che hanno dimostrato e che dimostrano nella loro resilienza di fronte alle avversità della vita, può diventare anche la nostra forza. Può insegnarci a reagire e a cambiare la nostra definizione di “problema”.Esattamente come sta facendo Alex in questi giorni.
È a lui che va il mio più grande augurio di guarigione. Purtroppo non posso fare altro, se non dedicargli un mio pensiero e il mio affetto che si unisce a quello delle numerosissime persone che lo stanno sostenendo in questo difficile momento. In primis la sua famiglia.
Voglio chiudere questo articolo così come è iniziato. Con la canzone di Vecchioni. Ho scelto di riportare la strofa finale che considero molto significativa. Il brano è già dedicato ad Alex, ma vorrei estendere questa dedica a tutte quelle persone che, come lui, dopo tanta sofferenza hanno imparato a volare e non smetteranno mai di insegnare anche agli altri a farlo.
Mica son le stelle a farlo
E i santi men che meno
Te lo fai tu il destino
E se non potrai correre
E nemmeno camminare
Ti insegnerò a volare
Ti insegnerò a volare
Mattia Mutti